Consenso informato: l’onere di provare che avrebbe rifiutato l’intervento spetta al paziente

Consenso informato: l’onere di provare che avrebbe rifiutato l’intervento spetta al paziente
14 Dicembre 2020: Consenso informato: l’onere di provare che avrebbe rifiutato l’intervento spetta al paziente 14 Dicembre 2020

La Cassazione civile, con la ordinanza n. 9887 del 26 maggio 2020, è tornata ad occuparsi della responsabilità del medico per la violazione degli obblighi informativi nei confronti del paziente.

La questione trae origine da un intervento di “emicarpectomia prossimale polso” cui il paziente si era sottoposto per ottenere un migliore funzionamento dell’articolazione - già soggetta ad un deficit funzionale quantificato in misura pari al 33% - e una riduzione della correlata sintomatologia dolorosa.

In seguito all’intervento, questi aveva convenuto in giudizio la struttura sanitaria, lamentando di aver riportato, all’esito dello stesso, un deficit funzionale pari al 34% e, pertanto, di essere stato mal informato dal medico curante, il quale gli aveva prospettato - a suo dire - una “soluzione migliorativa eccessivamente ottimistica”, avendo quantificato il rischio di perdita della funzionalità del polso stesso in misura pari al 30%.

In entrambi i gradi del giudizio di merito la sua domanda era stata rigettata, sul presupposto che l’incremento del deficit funzionale riscontrato all’esito dell’operazione, rispetto a quello prospettatogli anteriormente, fosse minimale.

La Corte d’appello, in particolare, aveva evidenziato che, considerato il deficit funzionale preesistente all’intervento, non appariva idonea l’interpretazione data dal paziente secondo cui il medico avrebbe fatto riferimento al 30% quale riduzione massima della funzionalità dell’arto.

Così opinando, difatti, la realizzazione dei rischi connessi all’intervento avrebbe comunque comportato un miglioramento rispetto allo stato pregresso del paziente.

Quest’ultimo, quindi, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando il mancato esame della censura mossa alla sentenza di primo grado in merito alla non “esaustività” del consenso informato e, in subordine, la rilevanza dell’errore commesso dal medico nel fornire un’informazione eccessivamente ottimistica.

La Corte, esaminato il ricorso, ha affermato che dalla violazione del dovere di informare il paziente possono derivare due diversi tipi di danno: quello alla salute o quello al diritto all’autodeterminazione, che ricorre qualora, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale diverso da quello alla salute.

Quest’ultimo per essere risarcibile deve, inoltre, essere di particolare gravità.

Ma soprattutto, non configura un danno risarcibile “in re ipsa”.

Pertanto, al fine di ottenere il risarcimento per lesione del diritto all’autodeterminazione conseguente a deficit informativo, non è sufficiente che il paziente alleghi l’omessa informazione, ma deve altresì allegare e provare anche il fatto positivo per cui, se fosse stato correttamente informato, avrebbe rifiutato la cura che gli era stata proposta.

Non essendo stata provata quest’ultima circostanza, la Corte ha respinto il ricorso.

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